Notule
(A cura di
LORENZO L. BORGIA & ROBERTO COLONNA)
NOTE E NOTIZIE - Anno XVI – 02 marzo 2019.
Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org
della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind
& Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a
fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta
settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in
corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di
studio dei soci componenti lo staff
dei recensori della Commissione
Scientifica della Società.
[Tipologia del testo: BREVI INFORMAZIONI]
La rete di controllo cognitivo (CCN)
e lo speciale ruolo dell’Insula anteriore. Le regioni cerebrali implicate nel
controllo cognitivo, necessario alla
coordinazione di pensieri e azioni, agiscono come una rete (cognitive control network, CCN) che
presenta una capacità limitata, ma
finora non era stato accertato se esista una specifica regione che funga da
strettoia di passaggio obbligato, ossia da bottleneck o collo di bottiglia,
che limita la capacità di controllo
cognitivo (CCC). Recenti evidenze hanno dimostrato l’esistenza di tale
regione limitante e l’hanno identificata con la corteccia dell’Insula anteriore (AIC, da anterior insular cortex).
[Wu T., et al. Neuroimage AOP – doi: 10.1016/j.neuroimage.2019.02.042,
2019].
Identificazione di lncRNA rilevanti nella patogenesi della malattia di
Alzheimer. La patogenesi della malattia di Alzheimer è regolata in maniera significativa
da RNA lunghi non-codificanti (lncRNA). Il
polimorfismo di singoli nucleotidi (SNP) può fortemente agire sull’espressione
e sulla funzione di lncRNA nella demenza
neurodegenerativa e vari studi GWAS hanno scoperto numerosi SNP associati al
rischio di sviluppare la patologia. Han e colleghi hanno elaborato un nuovo
metodo, integrando sistemi computerizzati diversi, che ha consentito di
scoprire nuovi lncRNA, che sembrano avere un ruolo
chiave nella malattia di Alzheimer. [Han Z. et al. Journal of Alzheimer
Disease – AOP doi: 10.3233/JAD-181051, 2019].
Effetti neuroprotettivi
della doxiciclina sulle malattie neurodegenerative. Nelle malattie neurodegenerative
alcuni meccanismi fisiopatologici, quali neuroinfiammazione,
aggregazione e accumulo di proteine mal configurate, sono comuni e, in tutti i
casi, sono associati con rapporto causale alla perdita di neuroni. Gli agenti
in grado di contrastare e ridurre tali processi patologici sono perciò
potenzialmente in grado di produrre effetti terapeutici in tutte le malattie
neurodegenerative. Fra tali molecole, numerosi studi recenti hanno riconosciuto
l’efficacia della doxiciclina,
un antibiotico di comune e frequente impiego antibatterico, che si è rivelato
in grado di ridurre la progressione e la gravità della degenerazione in vari
modelli sperimentali. Una rassegna esaustiva fornisce tutti gli elementi a
sostegno della nuova indicazione. [Cfr. Santa-Cecilia F.V., et al. Neurotox
Res. AOP – doi: 10.1007/s12640-019-00015-z, 2019].
Rievocazione del passato remoto:
come sono custoditi i ricordi lontani? È molto interessante lo studio
delle basi neurali della conservazione delle memorie lontane nel tempo, in
quanto la formazione di nuovi ricordi impone adattamenti che possono
interessare quelli remoti. È stato provato che i raggruppamenti neuronici della
corteccia prelimbica,
che rappresentano memorie formate e consolidate in passato, vanno incontro a
riorganizzazione dipendente dal tempo. [Nature
Reviews Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41583-019-0142-4, 2019].
Il gene desaturasi 1 interessa la riproduzione prima, durante e dopo la copula in Drosophila melanogaster. Nel moscerino della frutta il gene
desaturasi 1 (desat 1) è
uno dei pochi geni conosciuti ad essere implicati in due aspetti complementari
della comunicazione: emissione e recezione del segnale. Nojima
e colleghi hanno dimostrato l’importanza di questo gene per tutti gli aspetti
della riproduzione. Desat 1 è espresso in molti
neuroni del cervello, oltre che in vari tessuti non neuronali, pertanto gli
autori dello studio sostengono che la regolazione di questo gene si sia evoluta
per consentire a questa specie cosmopolita una riproduzione ottimale ed un
adattamento efficace ai più disparati ambienti. [Nojima T., et al. J Neurogenet. F 6: 1-20, 2019].
Il ruolo di padre e i circuiti
cerebrali che mediano la cura dei figli. Negli ultimi decenni, l’evoluzione
socioculturale ha determinato, soprattutto nel mondo occidentale, un notevole
aumento del numero dei padri che sono direttamente impegnati nella cura dei
figli, fin dai primi mesi di vita. Le notevoli dimensioni del fenomeno hanno
contribuito ad accrescere l’interesse per gli studi sui meccanismi neurali e
sulle conseguenze cerebrali e mentali di un ruolo che pone a stretto contatto
il genitore di sesso maschile con i bisogni e le necessità della prole. Anche
se da tempo si conoscono adattamenti nei padri che curano gli infanti, come
l’aumentato livello dei tassi di ossitocina, la maggior parte delle
acquisizioni proviene dagli studi su animali.
Nella realtà delle specie diverse dalla nostra, particolarmente nei
mammiferi, la cura paterna della prole si è rivelata un fenomeno molto dinamico
e modificabile, che presenta variabilità interspecifica ed intraspecifica.
L’emergere del comportamento paterno in un maschio si accompagna a definiti
processi di plasticità neurale e si è dimostrato che può essere influenzato da
esperienze precedenti e presenti di cura, da stimoli provenienti dalla madre e
dai piccoli, e da circostanze ambientali convenzionalmente note quali
“condizioni ecologiche”. Studi recenti, analizzati da Ruth Feldman
e colleghi, hanno fornito dati e nozioni per una migliore comprensione delle
basi neurali delle cure paterne nei mammiferi, dal livello genomico a quello
dei meccanismi di circuito che mediano l’attività di cura, e i modi in cui le
strutture subcorticali che supportano il comportamento materno si siano evolute
in una “rete globale per le cure genitoriali”. Altri studi hanno esaminato le
conseguenze molecolari, neurali e comportamentali delle cure paterne alla
prole. Studi in corso si prefiggono di indagare la trasmissione delle influenze
paterne lungo le generazioni. [Nature Reviews Neuroscience – AOP doi: 10.1038/s41583-019-0124-6, 2019].
I rapporti fra Seneca e il Medioplatonismo al Seminario sull’Arte del Vivere. La ragione dell’interesse per il
pensiero di Seneca da parte dei partecipanti al Seminario sull’Arte del Vivere
è la stessa che rende ancora attuale questo insegnamento di duemila anni fa: la
possibilità di adoperarlo come guida per condurre un’esistenza saggia. Le
indicazioni provenienti dalle neuroscienze per coltivare equilibrio e salute
psico-fisica sembra abbiano bisogno di un alveo psico-antropologico
o spirituale entro cui collocarsi per prendere senso all’interno di un modello
di persona e di vita. Alcuni partecipanti al Seminario hanno sviluppato una
propria dimensione interpretativa dell’umanesimo cristiano e, pertanto,
considerano l’approfondimento della concezione dell’uomo e della dottrina
pedagogica senechiana come un fatto esclusivamente culturale. Proprio da questa
prospettiva, proposta questa settimana, è nata l’esigenza di comprendere i
rapporti fra Seneca e il Medioplatonismo.
Si sintetizza, qui di seguito, l’esposizione di questo tema.
In Atene, l’Accademia Platonica, dopo le ultime evoluzioni del pensiero in
termini scettici ed eclettici, andò estinguendosi, seguendo le sorti di
Antioco, che morì in Siria intorno al 60 a.C., e suo fratello Aristo, ultimi
accademici. Il Platonismo rinasce, però, ad Alessandria, con Eudoro, vissuto
nella seconda metà del I secolo a.C., ma preceduto e seguito da altri filosofi
che, nell’insieme, danno vita a un pensiero a volte eterogeneo, per tentativi
di mediare Platone con Aristotele da parte di alcuni e di integrare concetti
dello Stoicismo, da parte di altri, ma caratterizzato da spunti nuovi che
aprono la strada a Plotino.
Giovanni Reale (v. IV vol. Storia
della filosofia antica. Vita e Pensiero. Milano, varie edizioni) afferma
che i caratteri di questo Platonismo sono a mezzo fra quelli del Platonismo
antico e quelli del Neoplatonismo di Plotino, per
questo motivo si è creato il termine “Medioplatonismo”.
I caratteri del Medioplatonismo possono
facilmente essere riassunti:
1) recupero della trascendenza;
2) riduzione delle idee dell’iperuranio a pensiero divino;
3) forte senso del problema religioso;
4) grande importanza del Timeo.
Tanto ricordato, si pensi che Seneca ha vissuto ad Alessandria tra il 20 e
il 31 – anche se non è certo per quanti anni – subendo sicuramente l’influenza
del Medioplatonismo e, in particolare, di Filone di
Alessandria. Sui rapporti tra il pensiero di Filone e quello di Seneca è
tradizionale nello studio accademico europeo il riferimento a Grimal (Grimal, Seneca, Garzanti, Milano 1992), che
parla di un frammento conservato da Sant’Agostino; ma Giovanni Reale dimostra
che Grimal è in errore, e discute prove più fondate
del rapporto, a partire dalle osservazioni di Roberto Radice sulle tangenze strutturali
fra la celebre lettera 65 di Seneca e il De
Opificio mundi. Seguendo Reale, si è rilevato che prima di Filone la
riduzione delle Idee platoniche a pensieri divini ricorre solo in forma di
allusioni accidentali; Filone, invece, la consacra fondandola sul concetto di
creazionismo. Ebbene, Seneca ha acquisito questa concezione delle Idee come
pensieri di Dio e l’ha fatta addirittura sua.
Un altro argomento – originale di Giovanni Reale – sull’influsso diretto
del pensatore di Alessandria, si trae dalla Prefazione
del primo libro delle Questioni naturali:
Seneca pone il problema di determinare quale sia la potenza di Dio e «se egli
stesso si crei la materia o se utilizzi una materia che gli è stata data». Tale
problema non è di matrice ellenica: nel pensiero greco-pagano non risulta che
la questione della creazione della materia sia mai stata posta; risulta invece
sorgere dall’impatto del pensiero greco sui testi biblici. In particolare, il
problema del creazionismo, con tutta una serie di implicazioni e conseguenze,
raggiunse i suoi primi vertici con Filone di Alessandria. Da una traduzione
dall’Armeno del De deo
di Filone si ricava una frase molto prossima ad una formula di Seneca. Scrive
Filone: «creatur formaturque
materia»; scrive Seneca: «materiam ipse sibi formet».
Notule
BM&L-02 marzo 2019
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